Masetto da Lamporecchio riassunto
Masetto da Lamporecchio riassunto breve e dettagliato della novella del Decameron di Boccaccio intitolata Masetto da Lamporecchio con analisi, trama e testo.
Riassunto Masetto da Lamporecchio
Prima di cominciare il riassunto di Masetto da Lamporecchio andiamo ad analizzare la novella e la sua posizione all’interno del Decameron.
Masetto da Lamporecchio analisi
Per iniziare l’analisi di Masetto da Lamporecchio va detto che si tratta della prima novella della terza giornata del Decameron di Boccaccio. Il terzo giorno, dopo la pausa del venerdì e del sabato, corrisponde alla domenica e ha per tema l’ingegno con cui il protagonista riesce a raggiungere un suo desiderio. La regina della terza giornata è Neifile e Filostrato è il narratore della novella.
Analisi Masetto da Lamporecchio
Continuando l’analisi di Masetto da Lamporecchio possiamo dire che la novella apre la terza giornata, dedicata a personaggi che riescono ad arrivare all’obiettivo che si erano prefissati grazie all’ingegno e all’intraprendenza, esattamente come accade a Masetto: il protagonista della vicenda infatti è un astuto contadino che, fingendosi muto, non solo riesce ad essere accolto in un convento femminile come lavorante ma riesce addirittura a diventare l’amante di tutte le monache inclusa la badessa, fino a svelare nel finale il proprio inganno e ad essere addirittura nominato amministratore del monastero. La novella affronta il tema della sessualità tra i religiosi, affermando che è ipocrita pensare che una giovane donna, seppur monaca, non provi dei desideri sessuali: per Boccaccio a sbagliare sono coloro che ritengono che le relazioni all’interno di un convento siano contro natura, dal momento che le umane leggi del desiderio valgono per tutti e non possono essere represse, nemmeno dai religiosi.
Masetto da Lamporecchio riassunto dettagliato
Il riassunto dettagliato della novella Masetto da Lamporecchio inizia col protagonista Masetto, un astuto contadino, che un giorno incontrò Nuto, un altro contadino originario di Lamporecchio, il quale si era appena licenziato da un monastero dove lavorava l’orto ritenendo che la paga era troppo bassa e che le suore fossero indiavolate.
Masetto pensò molto e alla fine decise di prendere il posto di Nuto: così si presentò al monastero fingendo di essere sordomuto e la badessa decise di assumerlo per lavorare nell’orto. All’inizio le monache, credendo non potesse sentire, si divertivano a prenderlo in giro ma pian piano iniziarono a fare pensieri maliziosi su Masetto, che era un bel giovane.
Masetto da Lamporecchio riassunto breve
Continuando nel riassunto breve di Masetto da Lamporecchio arriviamo a due suore che si confessarono a vicenda di aver fantasticato sul contadino e si convinsero a soddisfare il loro piacere in quanto avevano sentito dire che era la “cosa più dolce del mondo” ; inoltre nessuno avrebbe potuto sapere nulla per bocca di Masetto che credevano essere muto.
Invece Masetto sentì ovviamente tutto e aspettò con impazienza che arrivasse la sera, quando le due monache lo portarono in un capanno dove erano custoditi gli strumenti per il giardinaggio e a turno ebbero un rapporto con lui.
Alcune suore videro la scena e inizialmente pensarono di avvisare la badessa, ma presto cambiarono idea, quando capirono di poter anch’esse cogliere al volo l’occasione di provare quella nuova esperienza.
Masetto da Lamporecchio trama
Continuando nella trama di Masetto da Lamporecchio incontriamo la badessa del convento che, avendo avuto lo stesso pensiero delle altre suore, portò Masetto nella sua stanza e, travolta dalla passione, lo tenne con sé per diversi giorni, generando il malcontento delle consorelle.
Alla fine Masetto, sfinito dal dover soddisfare tutte e nove le monache, decise di parlare con la badessa chiedendole di lasciarlo andare. La badessa fu ovviamente scioccata nel sentirlo parlare ma Masetto, per giustificarsi, le raccontò che non era muto dalla nascita e che la causa di tutto era un trauma che aveva vissuto successivamente.
Masetto da Lamporecchio riassunto
Il riassunto di Masetto da Lamporecchio si conclude con la badessa che, per salvare il buon nome del monastero, si accordò con le altre suore nel far credere in giro che le loro preghiere, come per miracolo, avessero fatto tornare la parola al contadino. Inoltre assegnò a Masetto il ruolo di amministratore del convento dato che colui che svolgeva l’incarico era da poco venuto a mancare.
Nel finale della novella si scopre che Masetto divenne padre di molti figli, tuttavia la situazione fu come sempre gestita dal monastero con la solita discrezione…
Masetto da Lamporecchio riassunto e analisi
Terminando il riassunto e l’analisi della novella Masetto da Lamporecchio, possiamo notare che il tono del racconto è decisamente comico e la descrizione del protagonista è simile a quella di un piccolo grande “eroe” che parte dal suo paese chiamato Lamporecchio e si reca al monastero con il preciso intento di approfittare della situazione, ottenendo il suo scopo grazie all’ingegno e a una impareggiabile astuzia. É solo l’impossibilità fisica di soddisfare gli appetiti sessuali delle monache e della badessa a indurre Masetto a svelare l’inganno, pur fingendo che sia stato un “miracolo” ad avergli fatto riacquistare la parola. Il finale della novella è paradossale, con Masetto che non solo rimane nel monastero ma addirittura ne diventa l’amministratore e tornerà a casa anziano e ricco, solo dopo aver avuto molti figli dalle sue amanti.
Masetto da Lamporecchio testo
Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano di uno monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.
Bellissime donne, assai sono di quegli uomini e di quelle femine che sì sono stolti, che credono troppo bene che, come ad una giovane è sopra il capo posta la benda bianca e in dosso messale la nera cocolla, che ella più non sia femina né più senta de’ feminili appetiti se non come se di pietra l’avesse fatta divenire il farla monaca; e se forse alcuna cosa contra questa lor credenza n’odono, così si turbano come se contra natura un grandissimo e scelerato male fosse stato commesso, non pensando né volendo aver rispetto a sé medesimi, li quali la piena licenzia di poter far quel che vogliono non può saziare, né ancora alle gran forze dell’ozio e della sollecitudine. E similmente sono ancora di quegli assai che credono troppo bene che la zappa e la vanga e le grosse vivande e i disagi tolgano del tutto a’ lavoratori della terra i concupiscibili appetiti e rendan loro d’intelletto e d’avedimento grossissimi. Ma quanto tutti coloro che così credono sieno ingannati, mi piace, poi che la reina comandato me l’ha, non uscendo della proposta fattaci da lei, di farvene più chiare con una piccola novelletta.
In queste nostre contrade fu, ed è ancora, un munistero di donne assai famoso di santità (il quale io non nomerò per non diminuire in parte alcuna la fama sua), nel quale, non ha gran tempo, non essendovi allora più che otto donne con una badessa, e tutte giovani, era un buono omicciuolo d’un loro bellissimo giardino ortolano: il quale, non contentandosi del salario, fatta la ragion sua col castaldo delle donne, a Lamporecchio, là onde egli era, se ne tornò. Quivi, tra gli altri che lietamente il raccolsono, fu un giovane lavoratore forte e robusto e secondo uomo di villa con bella persona, il cui nome era Masetto; e domandollo dove tanto tempo stato fosse. Il buono uomo, che Nuto avea nome, gliele disse: il qual Masetto domandò, di che egli il monistero servisse.
A cui Nuto rispose: «Io lavorava un lor giardino bello e grande e oltre a questo andava alcuna volta al bosco per le legne, attigneva acqua e faceva cotali altri servigetti; ma le donne mi davano sì poco salaro, che io non ne poteva appena pur pagare i calzari. E oltre a questo, elle son tutte giovani e parmi ch’elle abbiano il diavolo in corpo, ché non si può far cosa niuna al lor modo. Anzi, quand’io lavorava alcuna volta l’orto, l’una diceva: ‘Pon qui questo’, e l’altra: ‘Pon qui quello’, e l’altra mi toglieva la zappa di mano e dicea: ‘Questo non sta bene’, e davanmi tanta seccaggine, che io lasciava stare il lavorio e uscivami dell’orto: sì che, tra per l’una cosa e per l’altra, io non vi volli star più e sommene venuto. Anzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni, che, se io n’avessi alcuno alle mani che fosse da ciò, che io gliele mandassi, e io gliele promisi; ma tanto il faccia Dio san delle reni, quanto io o ne procaccerò o ne gli manderò niuno».
A Masetto, udendo egli le parole di Nuto, venne nell’animo un disidero sì grande d’esser con queste monache, che tutto se ne struggeva, comprendendo per le parole di Nuto che a lui dovrebbe poter venir fatto di quello che egli disiderava; e avvisandosi che fatto non gli verrebbe se a Nuto ne dicesse niente, gli disse: «Deh, come ben facesti a venirtene! Che è uno umo a star con femine? Egli sarebbe meglio a star con diavoli: elle non sanno delle sette volte le sei quello che elle si vogliono elleno stesse».
Ma poi, partito il lor ragionare, cominciò Masetto a pensare che via dovesse tenere a dovere potere esser con loro; e conoscendo che egli sapeva ben fare quegli servigi che Nuto diceva, non dubitò di perder per quello, ma temette di non dovervi esser ricevuto per ciò che troppo era giovane e appariscente. Per che, molte cose divisate seco, imaginò: «Il luogo è assai lontano di qui e niuno mi vi conosce; se io so far vista d’esser mutolo, per certo io vi sarò ricevuto».
E in questa imaginazion fermatosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s’andasse, in guisa d’un povero uomo se n’andò al monistero: dove pervenuto entrò dentro e trovò per ventura il castaldo nella corte, al quale, faccendo suoi atti come i mutoli fanno, mostrò di domandargli mangiare per l’amor di Dio e che egli, se bisognasse, gli spezzerebbe delle legne. Il castaldo gli diè da mangiar volentieri, e appresso questo gli mise innanzi certi ceppi che Nuto non aveva potuti spezzare, li quali costui, che fortissimo era, in poca d’ora ebbe tutti spezzati. Il castaldo, che bisogno avea d’andare al bosco, il menò seco, e quivi gli fece tagliar delle legne; poscia, messogli l’asino innanzi, con suoi cenni gli fece intendere che a casa ne le recasse. Costui il fece molto bene, per che il castaldo a far fare certe bisogne che gli eran luogo più giorni vel tenne: de quali avvenne che uno la badessa il vide e domandò il castaldo chi egli fosse.
Il quale le disse: «Madonna, questi è un povero uomo mutolo e sordo, il quale un di questi dì ci venne per limosina, sì che io gli ho fatto bene, e hogli fatte fare assai cose che bisogno c’erano. Se egli sapesse lavorar l’orto e volesseci rimanere, io mi credo che noi n’avremmo buon servigio, per ciò che egli ci bisogna, e egli è forte e potrebbene l’uomo fare ciò che volesse: e oltre a questo non vi bisognerebbe d’aver pensiero che egli motteggiasse queste vostre giovani».
A cui la badessa disse: «In fè di Dio tu di’ il vero! sappi se egli sa lavorare e ingegnati di ritenercelo; dagli qualche paio di scarpette, qualche cappuccio vecchio, e lusingalo, fagli vezzi, dagli ben da mangiare».
Il castaldo disse di farlo. Masetto non era guari lontano, ma faccendo vista di spazzar la corte tutte queste parole udiva e seco lieto diceva: «Se voi mi mettete costà entro, io vi lavorerò sì l’orto, che mai non vi fu così lavorato».
Ora, avendo il castaldo veduto che egli ottimamente sapeva lavorare e con cenni domandatolo se egli voleva star quivi e costui con cenni rispostogli che far voleva ciò che egli volesse, avendolo ricevuto, gl’impose che egli l’orto lavorasse e mostrogli quello che a fare avesse; poi andò per altre bisogne del monistero e lui lasciò. Il quale lavorando l’un dì appresso l’altro, le monache incominciarono a dargli noia e a metterlo in novelle, come spesse volte avviene che altri fa de’ mutoli, e dicevangli le più scellerate parole del mondo, non credendo da lui essere intese; e la badessa, che forse stimava che egli così senza coda come senza favella fosse, di ciò poco o niente si curava.
Or pure avvenne che, costui un dì avendo lavorato molto e riposandosi, due giovinette monache, che per lo giardino andavano, s’appressarono là dove egli era e lui che sembiante facea di dormire cominciarono a riguardare. Per che l’’una, che alquanto era più baldanzosa, disse all’altra: «Se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più volte, il quale forse anche a te potrebbe giovare».
L’altra rispose: «Dí sicuramente, ché per certo io nol dirò mai a persona».
Allora la baldanzosa incominciò: «Io non so se tu t’hai posto mente come noi siamo tenute strette, né che mai qua entro uomo alcuno osa entrare se non il castaldo ch’è vecchio e questo mutolo; e io ho più volte a più donne che a noi son venute udito dire che tutte l’altre dolcezze del mondo sono una beffa a rispetto di quella quando la femina usa con l’uomo. Per che io m’ho più volte messo in animo, poiché con altrui non posso, di volere con questo mutolo provare se così è; e egli è il miglior del mondo da ciò costui, ché, perché egli pur volesse, egli nol potrebbe né saprebbe ridire: tu vedi ch’egli è un cotal giovanaccio sciocco, cresciuto innanzi al senno. Volentieri udirei quello che a te ne pare».
«Oimè!» disse l’altra «che è quel che tu di’? non sai tu che noi abbiam promesso la verginità nostra a Dio?»
«Oh» disse colei «quante cose gli si promettono tutto il dì, che non se ne gli attiene niuna! se noi gliele abbiam promessa, truovisi un’altra o dell’altre che gliele attengano».
A cui la compagna disse: «O se noi ingravidassimo, come andrebbe il fatto?»
Quella allora disse: «Tu cominci a aver pensiero del mal prima che egli ti venga; quando cotesto avvenisse, allora si vorrà pensare; egli ci avrà mille modi da fare sì che mai non si saprà, pur che noi medesime nol diciamo».
Costei, udendo ciò, avendo già maggior voglia che l’altra di provare che bestia fosse l’uomo, disse: «Or bene, come faremo?»
A cui colei rispose: «Tu vedi ch’egli è in su la nona: io mi credo che le suore sieno tutte a dormire, se non noi; guatiamo per l’orto se persona ci è, e s’egli non c’è persona, che abbian noi a far se non a pigliarlo per mano e menarlo in questo capannetto, là dove egli fugge l’acqua, e quivi l’una si stea dentro con lui e l’altra faccia la guardia? Egli è sì sciocco, che egli s’acconcerà comunque noi vorremo».
Masetto udiva tutto questo ragionamento, e disposto a ubidire niuna cosa aspettava se non l’esser preso dall’una di loro. Queste, guardato ben per tutto e veggendo che da niuna parte potevano esser vedute, appressandosi quella, che mosse avea le parole, a Masetto, lui destò, e egli incontanente si levò in piè; per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, e egli faccendo cotali risa sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto senza farsi troppo invitare quel fece che ella volle. La quale, sì come leale compagna, avuto quel che volea, diede all’altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi semplice, faceva il lor volere; per che, avanti che quindi si dipartissono, da una volta in sú ciascuna provar volle come il mutolo sapeva cavalcare: e poi, seco spesse volte ragionando, dicevano che bene era così dolce cosa, e più, come udito aveano; e prendendo a convenevoli ore tempo, col mutolo s’andavano a trastullare.
Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedutasi, a due altre il mostrò; e prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare alla badessa, poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici divennero del poder di Masetto: alle quali l’altre tre per diversi accidenti divenner compagne in varii tempi. Ultimamente la badessa, che ancora di queste cose non s’accorgea, andando un dì tutta sola per lo giardino, essendo il caldo grande, trovò Masetto, il quale di poca fatica il dì per lo troppo cavalcar della notte aveva assai, tutto disteso all’ombra d’un mandorlo dormirsi; e avendogli il vento i panni dinanzi levati indietro, tutto stava scoperto. La qual cosa riguardando la donna, e sola vedendosi, in quel medesimo appetito cadde che cadute erano le sue monacelle; e destato Masetto seco nella sua camera nel menò, dove parecchi giorni, con gran querimonia dalle monache fatta che l’ortolano non venia a lavorar l’orto, il tenne, provando e riprovando quella dolcezza la quale essa prima all’altre solea biasimare.
Ultimamente della sua camera alla stanzia di lui rimandatolone e molto spesso rivolendolo e oltre a ciò più che parte volendo da lui, non potendo Masetto sodisfare a tante, s’avvisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se più stesse, in troppo gran danno resultare; e per ciò una notte, colla badessa essendo, rotto lo scilinguagnolo cominciò a dire: «Madonna, io ho inteso che un gallo basta assai bene a diece galline, ma che diece uomini posson male o con fatica una femina sodisfare, dove a me ne convien servir nove; al che per cosa del mondo io non potrei durare, anzi sono io, per quello che infino a qui ho fatto, a tal venuto che io non posso fare né poco né molto; e per ciò o voi mi lasciate andar con Dio o voi a questa cosa trovate modo».
La donna, udendo costui parlare il quale ella teneva mutolo, tutta stordì e disse: «Che è questo? Io credeva che tu fossi mutolo».
«Madonna,» disse Masetto «io era ben così ma non per natura, anzi per una infermità che la favella mi tolse, e solamente da prima questa notte la mi sento essere restituita, di che io lodo Idio quant’io posso».
La donna sel credette e domandollo che volesse dir ciò che egli a nove aveva a servire. Masetto le disse il fatto; il che la badessa udendo, s’accorse che monaca non avea che molto più savia non fosse di lei; per che, come discreta, senza lasciar Masetto partire, dispose di voler con le sue monache trovar modo a questi fatti, acciò che da Masetto non fosse il monistero vituperato. E essendo di quei dì morto il lor castaldo, di pari consentimento, apertosi tra tutte ciò che per adietro da tutte era stato fatto, con piacer di Masetto ordinarono che le genti circunstanti credettero che, per le loro orazioni e per gli meriti del santo in cui intitolato era il monistero, a Masetto stato lungamente mutolo la favella fosse restituita; e lui castaldo fecero e per sì fatta maniera le sue fatiche partirono, che egli le poté comportare. Nelle quali, come che esso assai monachin generasse, pur sì discretamente procedette la cosa, che niente se ne sentì se non dopo la morte della badessa, essendo già Masetto presso che vecchio e disideroso di tornarsi ricco a casa; la qual cosa, saputa, di leggier gli fece venir fatto.
Così adunque Masetto vecchio, padre e ricco, senza aver fatica di nutricare figliuoli o spesa di quegli, per lo suo avvedimento avendo saputo la sua giovanezza bene adoperare, donde con una scure in collo partito s’era se ne tornò, affermando che così trattava Cristo chi gli poneva le corna sopra ’l cappello.