L’aquila e la volpe
L’aquila e la volpe favola di Esopo e Fedro spesso utilizzata come versione di greco e versione di latino: testo e morale della favola L’aquila e la volpe.
L’aquila e la volpe versione greco
La favola “L’aquila e la volpe” viene spesso utilizzata come versione di greco perchè è contenuta nelle “Favole”, una raccolta di favole morali scritta dal famoso scrittore greco antico Esopo nel VI secolo a.C.
L’aquila e la volpe versione latino
La favola è stata ripresa anche dallo scrittore romano Fedro nelle sue “Fabulae” con il titolo “L’aquila e la volpe” e per questo viene spesso utilizzata come versione di latino. Questa, come molte delle altre favole di Fedro, sono rifacimenti e traduzioni delle favole greche attribuite ad Esopo.
L’aquila e la volpe favola
Ecco qui la favola prima nella versione di Esopo e poi in quella di Fedro:
L’aquila e la volpe Esopo
Un’aquila e una volpe, fattesi amiche, stabilirono di abitare una vicina all’altra, pensando che la vita in comune avrebbe rafforzato la loro amicizia. Ed ecco che la prima volò sulla cima di un albero altissimo, e vi fece il suo nido; l’altra strisciò sotto il cespuglio che cresceva ai suoi piedi e qui partorì i suoi piccoli. Ma un giorno, mentre la volpe era uscita a cercar da mangiare, l’aquila, che si trovava a corto di cibo, piombò nel cespuglio, afferrò i volpacchiotti e se ne fece una scorpacciata insieme con i suoi figli. Quando, al suo ritorno, la volpe vide che cosa le avevano fatto, fu colta da un dolore che non era nemmeno tanto grande per la morte dei suoi piccoli, quanto per il pensiero della vendetta: animale di terra, essa non aveva infatti la possibilità di inseguire un volatile. Perciò, immobile, di lontano, unico conforto che rimane ai deboli e agli impotenti, scagliava maledizioni sulla sua nemica. Ma non passò molto e toccò all’aquila scontare il suo delitto contro l’amicizia. Infatti, un giorno che in campagna si offriva in sacrificio una capra agli dei, essa piombò giù e si portò via dall’altare uno dei visceri che stava prendendo fuoco; ma quando l’ebbe trasportato nel suo nido, un forte soffio di vento lo investì e da qualche filo di paglia secca suscitò una una vivida fiammata. Così i suoi piccoli, volatili ancora impotenti, furono bruciati e cascarono al suolo. La volpe accorse e se li divorò tutti sotto gli occhi della madre. La favola mostra come coloro che tradiscono l’amicizia, se anche, per l’impotenza delle vittime, sfuggono alla loro vendetta, non riescono però mai ad evitare la punizione degli dei.
L’aquila e la volpe Fedro
Persone altolocate quanto tu voglia devono temere gli umili; la vendetta, infatti, è a portata di mano di un’ingegnosità pronta ad apprendere. L’aquila si portò via, un giorno, cuccioli di volpe e li depose nel nido per dilaniarli come cibo agli aquilotti. La madre, tentando d’inseguirla, cominciò con l’implorarla di non recarle un così grande motivo di pianto. Rimase sprezzante, quella, ben protetta com’era dal luogo stesso. La volpe sottrasse allora da un altare un tizzone acceso e appiccò il fuoco intorno a tutto l’albero, facendo d’ogni erba un fascio: il dolore inflitto al nemico e la perdita del sangue del proprio sangue. L’aquila, allora, restituì sani e salvi alla volpe i suoi, implorando grazia.
L’aquila e la volpe morale
La morale della favola è che chiunque faccia del male al prossimo non può stare al sicuro perchè il male, prima o poi, torna sempre indietro. Anche se la vittima è più debole, ci penseranno il destino o gli dei a fare giustizia. Quindi non bisogna mai fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi.